Lo zelo e la guerra aperta

Lo zelo e la guerra aperta.

Che se sto cercando lavoro, quasi desisto. E che se ce l’ho sogghigno pensando che è tutto uguale. Cambiano solo i nomi, a volte neanche i cognomi.

Ne sarebbero forse bastate due di mani per descrivere dei giovani laureati nel mondo degli adulti, alle prese con un lavoro, speranze quasi archiviate e relazioni varie. MilanoRomaTrani ha deciso di usarne sei, e li capisco.

Forse perché tre storie raccontano meglio di una?

Perché autori diversi hanno vicissitudini diverse?

Perché alle medie ti hanno detto che ci vogliono almeno 3 esempi prima dell’etc., a sostegno della tua tesi?

Sì, credo, ma anche perché chiunque ha qualcosa da dire di diritto sull’argomento.

E anche se dopo qualche ora dall’aver letto i racconti, ricordo vagamente i nomi dei protagonisti, le storie mi rimangono in bocca. Non ricordo che qualcuno abbia attentato alla mia vita durante il ben noto precariato, non ricordo di essere stata minacciata, non ricordo neanche di spintarelle. Ma riesco comunque ad ascrivere il monte di storie simili a quelle raccontate dal collettivo, nell’insieme c***o di precariato odierno.

Una scrittura pulita, semplice, diretta e, per fortuna, corretta. Che non solo non ci sta mai male, ma che è la base minima per una buona lettura. E fresca. Contrariamente alla sensazione di vetustà che sale dalle scartoffie dell’ufficio del comune e contrariamente anche allo sfinimento che ti sale alla testa quando capisci i meccanismi che stanno dietro all’ufficetto di provincia. E alle battute dei Pravettoni sui laureati – camerieri. E alle solite storie che ricordo ancora quando senza di lui sorridevo, ma ormai, dopo tanto tempo.

Ho stima dei personaggi, reali o meno che siano, che queste pagine le vivono.

Ma soprattutto ho stima di questa gente che riesce ad avere delle storie da raccontare, qualsiasi sia il finale, qualsiasi il messaggio, con in mente la disperazione di chi il futuro ce l’ha per forza e per fortuna che siamo ancora giovani e la sveglia all’alba pesa ma chissà fra 30 anni.

Che delinea dei personaggi con dei nomi, una linea chiara che si dipani tra le righe e una fine. E che ci riesce. Mi piace.

E mi piace l’idea che tre storie con lo sfondo comune (tra loro e con molte altre nostre storie) del precariato siano disponibili online gratuitamente.

I tre autori?  Ilaria Giannini, Jacopo Nacci ed Enrico Piscitelli, fondatori di Cooperativa di Narrazione Popolare che è, per dirlo con le loro parole, “un progetto di scrittura libera e lettura condivisa”. Lo zelo e la guerra aperta è il primo progetto della cooperativa, che si propone di dar seguito a tale raccolta.

E a noi del taccuino è come se ci offriste un giro del solito.

S.A.

Questa recensione, e quelle che seguiranno nelle settimane a venire, sono, ovviamente, personalissime e magari poco obiettive. Per date, analisi, critiche, non rivolgetevi a me. Come sempre, sono responsabile di ciò che scrivo, ma non dell’uso che ne viene fatto.

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