Canti Orifici

Eclisse

Voglio dimenticare con quale parola si indica il momento quando il sole si oscura. Li ho vissuti quei momenti e voglio dimenticare le parole per indicarli. L’atmosfera rarefatta, quel tempo sospeso dove tutto può accadere e voglio dimenticare anche il significato di “atmosfera”. Far diventare puro suono questa parola piena di parole, ἀτμός e σφαῖρα, scordarmi del fiato de la terra, non sapere più niente de il grande respiro de l’universo. Voglio dimenticarmi come si chiama quella parte de le stringhe de le scarpe nella loro parte finale più dura, un particolare – indicare con il loro nome preciso gli oggetti o parte degli oggetti – che mi ricorda le pagine di un romanzo fluviale di Don DeLillo che per fortuna ho già dimenticato che trama ha e come finisce. Voglio dimenticarmi di tanti giorni de la mia vita, in particolare di uno che ho vissuto come un brutto sogno altrui, quando come per incanto si accumulavano foglietti segnati con segni rabbiosi e i colori tenui e i portamenti affettati le mezze frasi gli specchi alle pareti tanti specchi e voglio dimenticare quel momento in cui sfogliavo distrattamente i Canti Orfici di Dino Campana tra gli specchi. Voglio dimenticarmi il tuo nome, non dire più ecco questo è il tuo nome, perché se non ricordo più il tuo nome sono come purificato. Voglio illuminarmi di luce nera e non sapere come si dice luce nera. Voglio leggerli prima o poi i Canti Orfici di Dino Campana per dimenticarne i passaggi subito dopo averli letti. Voglio dimenticarmi che faccia hai, in groppa a quel focoso cavallo bianco, la tua faccia senza nome che ho già dimenticato.

W.P.